Rimini
“Pensare a Rimini. Rimini: una parola fatta di aste, di soldatini in fila. Non riesco a oggettivare. Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare. Lí la nostalgia si fa più limpida, specie il mare d'inverno, le creste bianche, il gran vento, come l'ho visto la prima volta.” Fellini produce una enorme quantità di scritti, memorie, pensieri, sogni da cui spesso emerge Rimini: “È una dimensione della memoria (una memoria, tra l'altro, inventata, adulterata, manomessa) su cui ho speculato tanto che è nato in me una sorta di imbarazzo.”
Federico Fellini nasce a Rimini nel 1920 e vi rimane fino al gennaio del 1939, anno in cui si trasferisce a Roma. È in questo periodo giovanile che inizia a costruirsi quella “mitologia dell'infanzia” che si ritrova in tutta la sua opera, e Rimini e Roma saranno i due luoghi-perno, l'uno da cui scappare per poi tornare, l'altro a cui tendere e in cui rimanere.
Anche se Rimini non è mai stata reale location dei film di Fellini, la città compare nella maggior parte dei suoi capolavori: I vitelloni (1953), La strada (1954), Otto e mezzo (1963), Amarcord (1973), La città delle donne (1980)... Una Rimini immaginaria, piena di lacerazioni e contraddizioni, divisa tra la condizione estiva di metropoli balneare e quella invernale di antico paesone; una dimensione marinara di fascino e avventura e una contadina di protezione materna.
L'itinerario proposto mescola e sovrappone i luoghi biografici con quelli della città immaginata dei film, così come Fellini stesso suggerisce in Il mio paese, visionario testo autobiografico scritto nel 1967 su suggerimento dell'amico Renzo Renzi, ponendo le basi del futuro Amarcord.
LE TAPPE PRINCIPALI
Il Grand Hotel
Parco Federico Fellini
Inaugurato nel 1908, emblema del lusso in stile liberty, frequentato dai più illustri personaggi della storia e dello spettacolo, il Grand Hotel rimane uno dei capisaldi dell'immaginario felliniano: “Il Grand Hotel era la favola della ricchezza, del lusso, dello sfarzo orientale. Quando le descrizioni nei romanzi che leggevo non erano abbastanza stimolanti da suscitare, nella mia immaginazione, scenari suggestivi, tiravo fuori il Grand Hotel, come certi scalcinati teatrini che adoperano lo stesso fondale per tutte le situazioni. Delitti, rapimenti, notti di folle amore, riscatti, suicidi, il giardino dei supplizi, la dea Kalí: tutto avveniva al Grand Hotel".
La Palata
Largo Boscovich
La Palata, il molo di Rimini in inverno, è l'emblema de I Vitelloni, uno dei film più autobiografici di Fellini, girato a Ostia: “A Ostia ho girato I Vitelloni perché è una Rimini inventata: è più Rimini della vera Rimini. Il luogo ripropone Rimini in una maniera teatrale, scenografica e, pertanto, innocua. È il mio paese, quasi pulito, nettato dagli umori viscerali, senza aggressioni e sorprese. Insomma è una ricostruzione scenografica del paese della memoria, nella quale puoi penetrare, come dire?, da turista, senza restare invischiato”.
Borgo San Giuliano
Il Borgo San Giuliano, uno dei luoghi più cari a Fellini, le cui atmosfere si ritrovano nella parte iniziale del film I Clowns, è con i suoi murales un omaggio che la città fa al regista.
Dal vicino Ponte Tiberio passa la Mille Miglia di Amarcord.
Cinema Fulgor
Corso d'Augusto 162
Il cinema dove Fellini va a vedere il suo primo film, Maciste all'inferno, e per cui poi ottiene l'entrata gratuita per lui, il fratello e l'amico Titta: “Siccome, per via della Bottega dell'Arte, io ero diventato un personaggio abbastanza noto, avevo fatto un contratto con il proprietario del cinema Fulgor. I lavori che facevo per lui – caricature di “divi”, interpreti dei film in programmazione, messe nelle vetrine dei negozi a scopo di propaganda – gli erano dati in cambio dell'ingresso gratuito al cinema. In quella calda cloaca di ogni vizio che era il cinema allora, c'era la maschera Madonna (da noi si dice così: Madonnaccia al posto di Cristianaccio, per dire un omaccione grande e grosso). L'aria veniva ammorbata da una sostanza dolciastra e fetida, spruzzata da quella maschera”.
Piazza Cavour
In Piazza Cavour, ricostruita a Cinecittà, si svolge una delle sequenze più celebri di Amarcord: durante una fitta nevicata, tra le palle di neve tirate alla Gradisca, atterra un pavone che fa la ruota sulla Fontana della Pigna. Intervistato su Amarcord Fellini dirà: “Non è la memoria che domina i miei film. Dire che i miei film sono autobiografici è una disinvolta fregnaccia. Io la mia vita me la sono inventata. L'ho inventata apposta per lo schermo”.
Palazzo Gambalunga
Via Alessandro Gambalunga, 27
Anche del suo percorso scolastico Fellini lascia dettagliata testimonianza: l'asilo è quello delle monache di S. Vincenzo, le elementari vengono iniziate alle scuole Teatini di Rimini e terminate a Fano, al collegio dei Padri Carissimi, il ginnasio è quello tra Via al Tempio Malatestiano e Via Alessandro Gambalunga (Palazzo Gambalunga) a Rimini: “Quelli del Ginnasio sono gli anni di Omero e della “pugna”. A scuola si leggeva l'Iliade, mandandola a memoria. Ciascuno di noi si era identificato con un personaggio di Omero. Io ero Ulisse, stavo un poco in disparte e guardavo lontano. Titta, già corpulento, era Aiace Oileo, Mario Montanari Enea, Luigino Dolci 'il domatore di cavalli Ettorre' e Stacchiotti 'il piè veloce Achille'”.
Palazzo Ripa
Corso d’Augusto 63 (ora 115)
Fellini assieme alla famiglia cambia più volte abitazione: “Quelle che ho abitato le ricordo bene, tranne una: la casa natale, in via Fumagalli. La prima casa che io ricordo veramente è il palazzo Ripa. C'è ancora, è un palazzo sul Corso. Il nostro padrone di casa andava sempre vestito di blu: l'abito blu, la bombetta blu e una gran barba bianca, come una divinità da blandire, da non irritare”.
Seguono poi una villetta con giardino vicino alla stazione e la casa di via Clementini 9, “quella del primo amore” per Bianchina, una delle figlie della famiglia che abita di fronte.
La ditta FEBO
Via IV novembre
Si trovava in via IV novembre, quasi di fronte al Tempio Malatestiano, la ditta FEBO, Bottega dell'Arte aperta assieme a Demos Bonini: “Si facevano caricature e ritrattini alle signore, anche a domicilio. Io firmavo Fellas e facevo il disegno. Bonini ci metteva il colore. La bottega stava proprio davanti al Duomo, un palazzone suggestivo”.
Il disegno rimane un'attività molto presente per Fellini, che abbozza anche costumi e personaggi per la preparazione dei suoi film. Ne “L'intervista lunga” condotta da Tullio Kezich per la pubblicazione della sceneggiatura di Giulietta degli spiriti (1965) Fellini racconta: “Le idee che mi vengono si concretano subito in schizzi e bozzetti: a volte le idee addirittura nascono disegnando”.
Chiesa Santa Maria Ausiliatrice
Viale Regina Elena, 7
Nel dettagliato quanto evocativo racconto della sua Rimini che Fellini fa in “Il mio paese” non è poco lo spazio dedicato alle chiese e ai luoghi di culto, frequentati a partire dall'educazione cattolica ricevuta: il Duomo, la Chiesa dei Servi, la Chiesa nuova dei Salesiani, dove a dieci anni Fellini passerà un'estate intera a mezzo convitto: “Era diventata la tappa obbligatoria delle passeggiate domenicali in carrozza. 'Andiamo a vedere i lavori della Chiesa Nuova' si diceva. Ma poi, siccome era domenica, i lavori non c'erano e si restava lì a guardare le impalcature silenziose, le grandi gru immobili, i mucchi di sabbia, di calcina”.