Amarcord
Rimini, dalla primavera del 1932 a quella del '33: un anno esatto dell'adolescenza di Titta, trascorsa fra gli scherzi goliardici a scuola e i primi turbamenti sessuali, fantasticando con gli amici su avventure improbabili con le compagne di classe o con donne come la giunonica tabaccaia e la Gradisca, la bella del paese non più giovanissima e in cerca di marito. Al folclore delle feste paesane fa da contrappunto il trionfalismo fascista del periodo, qui al suo apice, al punto che la manifestazione ufficiale per l'arrivo in città di un importante gerarca assume toni a dir poco grotteschi, mal tollerati dai dissidenti socialisti come il padre di Titta. Al centro, le vicende della scombinata famiglia del protagonista (ennesimo alter ego felliniano): il padre burbero e manesco, la madre isterica, il nonno un po' svanito, lo zio che ogni tanto fugge dal manicomio. E' il racconto del percorso di Titta, sempre in pantaloni corti, verso la maturità e il ritratto magico e parzialmente nostalgico dell'amata/odiata città natale del regista.