Ravenna
Già nel 1957 Antonioni aveva girato a Ravenna alcune scene de Il grido, ma è con Il deserto rosso (1964) che la città emerge con una fisionomia del tutto nuova. In contrasto con l'immagine turistica di Ravenna città d'arte bizantina, Il deserto rosso ridisegna i confini di una nuova geografia cittadina, legata alla modernità della fabbrica e all'impatto della nuova industrializzazione sull'uomo e sull'ambiente.
Intervistato da Godard a Venezia nel 1964, anno in cui Il deserto rosso vince il Leone d'Oro, Antonioni dichiara: “È troppo semplicistico dire, anche se sono stati in molti a dirlo, che io faccio un atto di accusa contro questo mondo industrializzato ed inumano che schiaccia l'individuo e lo nevrotizza. Al contrario, la mia intenzione (anche se spesso uno sa molto bene da dove parte, ma non ha idea di dove arriverà) era di rendere la bellezza di quel mondo. Anche le fabbriche possono essere dotate di grande bellezza. Le linee rette e curve delle fabbriche e delle loro ciminiere possono essere anche più belle di un filare d'alberi che l'occhio ha già visto troppe volte. È un mondo ricco, vivo, utile”.
LE TAPPE PRINCIPALI
Zona ANIC
Antonioni gira Il deserto rosso nella periferia industriale di Ravenna, tra la raffineria SAROM e il complesso petrolchimico ANIC realizzato dall'Eni di Enrico Mattei negli anni Cinquanta. È la prima volta che il regista si misura con il colore, affermando di voler utilizzare ogni risorsa narrativa di questo mezzo per enfatizzare lo svolgersi della storia. Il colore viene applicato ad architetture, interni, macchinari, paesaggio. Durante le riprese Antonioni fa dipingere di bianco gli alberi di un bosco (la scena poi non viene girata) e annota: “Sembrerà strano, la prima volta che capitai lì per i sopralluoghi del film che avevo intenzione di fare, formulai subito molte ipotesi su quello che poteva essere diciamo così – male – il senso poetico di questo bosco che a prima vista escludeva così perentoriamente ogni idea di bosco. Cercavo di capire perché la escludesse, insieme cercando l'angolazione da cui eventualmente inquadrarlo. Prima di tutto il silenzio, che mancava completamente. [...] La fabbrica è in funzione giorno e notte. Una volta chiesi al suo direttore se poteva interrompere per qualche minuto quel fumo che disturbava certe mie riprese. Rispose: sa quanto mi costerebbe un minuto? Centocinquanta milioni".
Porta Nuova
“Saranno anche una bella invenzione le città, ma bisogna nascerci. Più che girare per le strade e guardare i negozi, cos'altro c'è da fare?”: questi i pensieri attribuiti al muratore protagonista de Il grido nella prima stesura del soggetto. Il film è una storia di continui spostamenti: una partenza, un lungo vagabondare, incontri, altre partenze, un ritorno. In questo itinerario il Po e la pianura segnano la rotta, e questa sequenza cittadina sembra quasi un'eccezione.
Ricovero Garibaldi
Via Roma
Inizialmente, nel primo abbozzo de Il grido, la gita in città di Aldo e Rosina doveva essere ambientata a Padova ma verrà poi spostata a Ravenna, motivando la scelta con la necessità di far ricoverare il padre di Virginia all'ospizio dei vecchi.
Nelle note relative ai sopralluoghi si trova questa descrizione: “Ospizio per i vecchi: atrio con busti e lapidi di benefattori. Un cortile per gli uomini e uno per le donne. Solitudine assoluta di questi vecchi: anche seduti allo stesso tavolo sono soli, spesso assorti in soliloqui. Molti camminano in un andirivieni senza scopo. Fila di cappotti neri appesi a una corda, da un lato all'altro del cortile delle donne. Lungo portico dove questi vecchi stanno durante i giorni di pioggia: tutto il giorno senza far niente.”
Poco distante dal ricovero, in prossimità della chiesa di Santa Maria in Porto, viene girata la scena in cui Aldo fa a pugni con un gruppo di giovani che infastidiscono Virginia.
Via Pietro Alighieri, 8
Qui si trova il negozio di Giuliana in Il deserto rosso. Nel diario di Flavio Nicolini, aiuto-regista, troviamo queste note datate 6 novembre 1963: “Strada negozio di Giuliana. Esterno Giorno. È via Pietro Alighieri, nel centro della Ravenna storica. Era stata avanzata un'altra soluzione: la bassa costruzione nei pressi della darsena, in una stradina che si apriva sui docks. Ma pensiamo a Giuliana: una donna che passa ore in un locale vuoto ragionando tra sé e sé delle tinte da dare alle pareti, e non sa cosa dovrà vendere. Questa via, leggermente curva, solitaria e assolutamente inadatta al calcolo commerciale, non apporterà sbavature superflue intorno alla psicologia del personaggio”.
Archivio Collezione Ghigi-Pagnani
Via Domenico Zotti, 11
In questa raccolta d'arte è contenuto in dipinto di Gianni Dova dal titolo “La sagra della primavera” collocato da Antonioni in Il deserto rosso all'interno dell'appartamento di Giuliana e del marito, da cui si vede il porto, tra le pareti bianche e blu, tubolari ed elementi di arredo moderno. Nel film il richiamo all'arte è continuo, come in generale in tutta l'opera di Antonioni, il quale spesso inserisce nei suoi film precise citazioni di opere d'arte o struttura il proprio linguaggio espressivo in evidente dialogo con l'arte pittorica o architettonica contemporanea.